NYMPHOMANIAC (2014)

Nymphomaniac (2014)

Nymphomaniac è un film sull’impossibilità delle relazioni, alfa ed omega della felicità e del dolore, o meglio sulla necessità di essere “umani” per poterne avere. Nel film non ci sono “umani”, ma solo “disumani” (quasi tutti), “inumani” (alcuni, compresi i protagonisti) e “quasi umani” (il padre della protagonista). Le relazioni, quelle vere, il luogo della vita come continua scoperta, insomma il nucleo centrale del nostro essere “umani”, vogliono “lucidità emotiva”, assoluta, non negoziabile, e questo richiede coraggio.È quello che accade a Joe, la protagonista di Nymphomaniac. In che modo non viene descritto, si accenna ad una madre fredda, ma fortunatamente non si va oltre, e il film non diventa l’ennesima storiella psicoanalitica. Le conseguenze sono però potentissime e se si può usare questo termine parlando della sofferenza di un essere umano, tipiche. E saranno l’impossibilità di sentire e riconoscere le emozioni, in quanto troppo spaventose e dolorose, capaci di disintegrare il Sé, il nucleo fondamentale dell’identità, quello che ci fa riconoscere a noi stessi, che ci fa “esistere”. Un Sé, in questo caso, non vero, un “falso Sé” come si usa dire, ma comunque l’unico che questa persona sia riuscita a costruire nel suo percorso lastricato di assenze, e dunque, malgrado tutto, prezioso in quanto unica possibilità di tenere incollati i pezzi del suo essere. In realtà qui, più che dell’impossibilità si tratta come si è detto della “necessità” di non percepire le emozioni, di proteggersi da vissuti insopportabili, devastanti. E lo strumento usato è il “rumore”. L’attività sessuale continua e ossessiva di Joe è la sua particolare forma di “rumore” sopra quelle emozioni insopportabili pronte a invadere e disintegrare la sua vita, evocate ormai, in una sorta di contagio associativo, da ogni particolare del mondo che la circonda. Come sempre accade per gli umani, l’emozione più potente e spaventosa, quella che informa di sé tutte le altre emozioni negative, è la solitudine, nelle varie forme che caratterizzano le relazioni: abbandono, tradimento, non contenimento, freddezza, non essere al centro del cuore di qualcuno. E quando queste cose accadono ad un bambino non saranno eventi, possibili ricordi, come tali passibili di rievocazione e attenuazione, saranno memoria implicita, struttura fondamentale del suo essere, cablatura di base del suo cervello e della sua mente. Il fondamento di una vita sentita come pericolo e la vita stessa sarà un tentativo continuo di evitare il vissuto “impensabile”, più spaventoso della morte stessa, a cui questo pericolo rimanda. Nel film Joe deve continuamente aumentare l’intensità del “rumore” per tenersi lontana dal pericolo, per cercare disperatamente di non “sentire” e quando, forse in parte consapevole dell’impossibilità di accrescere il “rumore” all’infinito, prova un’altra strada per tenere a bada le emozioni, rappresentandosi a sé stessa come “innamorata” di un uomo, si ritrova, mentre sta “facendo l’amore” con lui, a percepire che non sente nulla, non ha emozioni. Qui, per un attimo, incontra un’emozione, la sua paura, e subito allora torna indietro, al “rumore” di sempre, quello che alla fine sembrerebbe quasi svanire con la certezza di aver trovato un amico che si rivelerà non diverso dalla massa.

Voto 7.5

FRANCESCO FIUMARELLA

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