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Toni Servillo (la grande bellezza) FRANCESCO FIUMARELLA

Ieri sera hanno ripresentato uno dei film che reputo più belli ed interessanti del cinema Italiano contemporaneo!

Sin dalla prima volta che ho visto la “grande bellezza”  ho augurato a Paolo Sorrentino di vincere l’oscar! Cosi’ è stato!

Reputo Toni Servillo uno degli attori Italiani più bravi del cinema mondiale.

Ogni tanto voglio riproporre la mia interpretazione con la voce di Toni in uno dei migliori dialoghi del film!

Per chi non lo avesse visto vi consiglio di farlo oggi.

Molto umilmente ho cercato di rappresentare Servillo e vivere quello che ha vissuto lui interpretando Jep Gambardella!

Buona visione!

Jep Gambardella – Toni Servillo

La vita del ragazzo di “Into the wild” ( Chris McCandless) – raccontata da sua sorella in un libro

Visto il notevole riscontro che ho avuto dopo la pubblicazione delle mie scene tratte dal film ” Into the wild”

oggi vi faccio leggere un articolo bellissimo sul alcuni passi tratti dal libro scritto da Carine McCandless, la sorella di  Chris McCandless il vero protagonista di questa incredibile storia, se non fosse stato per lui sono certo che il film non avrebbe riscosso cosi’ tanto successo!  Credo che molti di voi si ritroveranno in alcuni passi del racconto, la voglia di fuggire ed evadere appartiene a tutti noi, ma ci vuole coraggio per sfidare la vita…

Buona lettura! 

Carine McCandless – la sorella di Chris McCandless, il ragazzo la cui storia è stata raccontata nel famoso film Into the Wild – ha scritto un libro per spiegare quali sono state le vere ragioni che hanno spinto suo fratello ad abbandonare la famiglia e a mettersi in viaggio verso luoghi solitari e talvolta molto difficili. Non è stato solo per la passione nei confronti della natura che Chris McCandless si è spinto fino ai territori più estremi dell’Alaska, ma è stato anche e soprattutto per ragioni familiari: un padre ossessivo, violento e incline ai continui tradimenti, una madre troppo debole per prendere posizione. Questa è solo una parte della storia che Carine McCandless racconta in Into the Wild Thruth, pubblicato di recente da Corbaccio Editore. 

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Mamma e papà mi chiesero di salire su un aereo insieme a Sam, il giorno dopo, per andare in Alaska e riportare a casa Chris: i suoi resti, gli effetti personali, qualsiasi cosa si fosse lasciato dietro. Mi meravigliò che i miei genitori non volessero occuparsene di persona, ma non feci discussioni. Iovolevo andarci. Volevo attraversare il paese in aereo, nella speranza che fosse tutto un gigantesco errore, o per scoprire che era tutta una brillante messa in scena di Chris per sottrarsi una volta per tutte al pugno oppressivo dei nostri genitori, proprio come mi aveva detto di voler fare. Avrei trovato ad aspettarmi un biglietto in cui mi spiegava il suo ingegnoso piano e come mettermi in contatto con lui.

Non ricordo granché del volo partito da Washington o delle coincidenze che alla fine ci fecero atterrare in Alaska. Rammento solo di aver pensato a quanto dovesse essere enorme e distante quello stato, per giustificare l’esistenza di una intera compagnia aerea con il suo nome: l’Alaska Airlines. La nostra prima fermata a Fairbanks fu allo studio del medico legale. Non mi ero mai misurata prima d’allora con la trafila burocratica che circondava un decesso, e l’esperienza fu meno formale di quanto mi aspettassi. Seduta di fronte alla coroner alla sua scrivania, trovai quasi sollievo alla vista del suo abbigliamento sportivo e della rusticità degli ambienti.

La dottoressa ci consegnò gli effetti ritrovati accanto al corpo di Chris, tra cui un fucile calibro 22, un paio di binocoli, una canna da pesca, un coltellino militare svizzero, un quaderno di botanica su cui Chris aveva tenuto un breve diario, la sua Minolta, le foto che gli agenti di polizia avevano fatto sviluppare nella speranza che fornissero qualche indizio per l’identificazione del cadavere, cinque rullini ancora da sviluppare e parecchi tascabili consunti, letti e riletti. Non c’era nessun biglietto per me.

La presenza del fucile mi colse di sorpresa. Non ne avevo mai visto uno così da vicino prima e non sapevo nemmeno che Chris avesse un fucile. Ma i libri e il diario erano così rappresentativi del fratello che amavo che sulle labbra mi rispuntò un sorriso, una sensazione di cui il mio viso era orfano da tre giorni. Tra i libri c’erano Walden di Henry David Thoreau e Il dottor Živago di Boris Pasternak, insieme a letture più amene come Il terminale uomo di Crichton e addirittura qualche opera di Louis L’Amour.

Chris amava leggere e riusciva a immergersi con altrettanto entusiasmo in pagine di alta filosofia come in disimpegnati romanzi western. Da bambino aveva una libreria blu piena della sua collezione, in perfetto ordine, dei gialli degli Hardy Boys, ma amava anche i libri di Ray Bradbury. Quando io leggevo La piccola casa nella prateria o Black Beauty, lui sollevava lo sguardo dalle pagine diRumore di tuono solo per dirmi come il semplice atto di calpestare una farfalla potesse sostanzialmente mutare il futuro dell’umanità. «Ogni nostra azione ha una ricaduta sul tutto» mi spiegò serio. Poi si dedicò a qualcosa di più leggero, come Il mio amico Yeller, e me lo passò, una volta finito, perché lo leggessi anch’io.

Mentre il medico legale ci spiegava ogni cosa, io mi limitai a tenere la testa alta e a guardare le sue labbra che si muovevano. Ciò che diceva aveva poco significato per me, ma alcune parole fendevano l’aria come un bisturi: «fame», «trenta chili e mezzo», «decomposizione», «autopsia», «cremazione». Quando cominciò a descriverci qualcosa chiamato Stampede Trail e poi un bus abbandonato, la mente mi si riempì di confusione. Il medico fu gentile e sensibile, eppure era chiaro che per lei era una routine. La mia mente sconnessa cominciò a divagare: proprio non mi vedevo nei suoi panni, a fare il suo lavoro, ma immaginai che ricavasse un certo appagamento nell’aiutare le famiglie e nel dare il suo contributo nel risolvere i vari casi. Non smetteva di parlare e allora mi concentrai sulla targhetta sulla scrivania: freja loviswean. Chissà quanto doveva aver viaggiato, con quel nome, prima di finire nell’entroterra dell’Alaska, e perché. Sam doveva controllare tutti i dati e firmare i documenti necessari per prendere in custodia gli effetti personali di Chris. Affidarono a me l’incarico di prendere in consegna le ceneri di Chris, ad Anchorage, il giorno dopo.

Sam e io andammo in un hotel lì vicino, cenammo nei pressi e parlammo dei nostri programmi per l’indomani. Il ristorante era carino, ma niente di che. Prendemmo posto a un tavolo a mezzaluna, uno dei tanti lungo la parete della grande sala. I séparé di pelle dallo schienale alto e dalla forma concava mi accolsero, avvolgendomi in una sensazione di anonimato: sarei potuta rimanere nascosta lì per sempre. Mi resi conto che era la prima volta che mi trovavo da sola con mio fratello Sam, maggiore di me di dodici anni. Lui fu dolce e premuroso ed evitammo di parlare di ciò che Chris aveva fatto o del perché. Non parlammo neppure della nostra diversa infanzia. Non avanzammo ipotesi su ciò che avesse spinto Chris a tali estremi, né teorie su nessuna delle sue decisioni. Era semplicemente ora di cena, perciò cenare fu tutto ciò che facemmo.

Quella notte ebbi molta difficoltà a dormire da sola nella mia camera d’albergo. Vedevo il fantasma di Chris a ogni angolo, dietro ogni porta. Non erano visioni che mi portavano pace o conforto, però. Sotto shock, la mia mente creava davanti a me immagini di Chris nelle sembianze di uno zombie, in decomposizione, con le viscere esposte sotto ai vestiti laceri, brandelli di carne che gli cadevano dalle ossa mentre si avvicinava a me, con le braccia tese. Immaginai il suo dolore. Mi sentii male per tutto ciò che doveva aver sofferto. Non c’era persona che amasse la vita più di mio fratello, e adesso lui era morto. Secondo le parole della coroner, era più che probabile che la morte fosse sopraggiunta con molta lentezza, dunque Chris doveva essere stato cosciente dell’imminenza della fine, un pensiero che non potevo sopportare. Chris non aveva lasciato alcun biglietto per me, ma aveva affisso un avviso nel suo accampamento, spiegando di sentirsi troppo debole per andare via da lì a piedi e pregando chiunque fosse passato di lì in sua assenza di attenderlo per trarlo in salvo, perché lui era nei dintorni, in cerca di qualcosa da mangiare, e sarebbe tornato presto. Quando il medico legale ci aveva mostrato il suo disperato messaggio, io avevo immediatamente ripensato a quel giorno sulla spiaggia, quando eravamo piccoli, mentre lo guardavo tremare dal freddo, senza poter fare alcunché per aiutarlo. Piansi fino a sprofondare in un sonno senza riposo.

Il giorno successivo, Sam e io raggiungemmo in aereo la più grande città del più grande stato d’America, per portare a compimento il più grande compito della mia vita. Nonostante non avessi fatto che ripetermi di essere forte e di rimanere con i nervi saldi, mi ero arresa nel cercare di farmi trovare preparata davanti a quello che di certo sarebbe stato il più devastante e difficile momento della mia esistenza. Eppure, quando l’incaricato dell’obitorio ce li consegnò, avere tra le mani i resti di Chris fu stranamente consolatorio. Una sensazione piena, assoluta, di sollievo scese su di me. È tutto qui? mi chiesi. Questo non è Chris, non è tutto quello che Chris era. Il contenitore non era decorato, come mi ero immaginata. Le ceneri di mio fratello non erano neppure dentro un’urna, ma in una scatola di plastica scura, di un marrone spento. Le dimensioni erano più grandi di quanto mi aspettassi, ma quello non era un problema. Mentre stringevo tra le mani tutto ciò che rimaneva di Chris, mi accorsi della sobria etichetta bianca apposta su un lato della scatola. C’era stampato un nome, in nitide lettere maiuscole: christopher r. mccandless. L’iniziale del secondo nome di Chris era J. – Johnson, dal cognome da nubile di nostra madre – e mi seccò molto che qualcuno fosse stato così sbadato da commettere un simile errore. Ma la mia irritazione durò poco. Niente di quella scatola rappresentava ciò che mio fratello era per me. E poi lo stesso Chris avrebbe riso di quel refuso.

Rimasta per un momento sola, presi una penna dalla borsa e rispettosamente corressi la R in una J.

Poi tirai fuori dalla mia valigia un piccolo zaino che mi aveva accompagnato su molti sentieri e che avevo portato in Alaska per un unico scopo. Girai la scatola presa all’obitorio su un fianco e cominciai a infilarla delicatamente dentro. Non avendo capito esattamente come era fatto il contenitore, fui presa dal panico quando il lato con l’etichetta di identificazione si aprì leggermente, spaventata che i resti di mio fratello potessero rovesciarsi sul pavimento o fluttuare nell’aria, come succede con la cenere. Ma i resti del mio amato fratello erano contenuti in un sacchetto di plastica trasparente, completo di un laccetto di plastica rossa, in tutto simile a quello che richiude le confezione di pane in cassetta. Le ceneri di Chris non erano polverose, anzi, avevano più che altro la consistenza della ghiaia. Ebbi la consapevolezza definitiva che ciò che avevo in mano non era tutto ciò che rimaneva di Chris.

Eppure, strinsi a me quello zaino per tutto il viaggio di ritorno fino in Virginia.

Articolo tratto da “il post”


Into the Wild (Emile Hirsch) – La società e le cose – Francesco Fiumarella

Questa sera voglio riproporre  le due mie interpretazioni tratte dal film “ INTO THE WILD

Questo credo sia uno dei migliori film degli ultimi 20 anni!

Ho deciso di fare un regalo agli ammiratori di questo movie e a tutti coloro che amano viaggiare, cercando di interpretare le due scene piu’ significative,

I dialoghi di questo film credo  siano attualissimi, molte volte bisognerebbe realmente evadere da questa società assurda,

malata,opportunista,ipocrita,materialista,consumista e priva di valori.

Fortunatamente il cinema e l’arte in generale ci aiutano ad evadere da un sistema assurdo anche solo guardando con gli occhi di un regista!

(La gente di questi tempi percorre il mondo senza neanche ricordare di possedere un corpo che ha vita)

– Christopher Mccandless (Emile Hirsch)

Buona visione!

Edward Norton- (La 25 ora – Monologo) Francesco Fiumarella

Questa sera voglio proporre uno dei più grandi e significativi monologhi di ” Edward Norton” tratto dal film la 25 ora.

Per chi non ha visto il film, il dialogo potrebbe risultare molto cattivo e razzista, ma vi garantisco che non è quello l’intento del discorso del protagonista, sono parole dette 25 ore prima di andare in carcere, quindi attraverso il dolore e la consapevolezza di non aver più nulla da perdere si è soliti sparare a 0 su tutto e tutti.

Mi scuso se tecnicamente il video non è dei migliori, purtroppo ci sono stati problemi di caricamento e quindi in alcuni tratti la voce non è in linea con le labbra. Ma ugualmente volevo condividere con voi  questa scena cult!

“Tutti, a nostro modo, siamo stati falsi in alcuni momenti della nostra vita,  a volte per educazione, a volte per paura e istinto di sopravvivenza, a volte per un sentimento di smarrimento, a volte perché non sapevano che cosa dire. Ma poi ci sono le persone “autenticamente false”, quelle che mettono in atto, talora in modo inconsapevole, la loro finzione”.

Buona visione cinefili! 

3 monologhi – Più apprezzati e condivisi dai Lettori-Francesco Fiumarella

Buona sera a tutti, oggi voglio riproporre per i nuovi lettori i 3 miei monologhi sulla vita più condivisi e apprezzati in questo anno da chi mi segue.

Oltre ad utilizzare la voce originale dei doppiatori Italiani per la creazione delle famose scene, ogni tanto utilizzo anche la mia vera voce per dare un senso ad alcuni testi molto significati sul vera essenza della “vita”.

Ascoltare delle parole di saggezza molte volte aiuta a vivere meglio, perchè il più delle volte ci dimentichiamo che la vita è un regalo stupendo e purtroppo non tutti hanno la possibilità di viverla!

Buona visione.

1.

2.

3.

Toni Servillo – L’uomo in più – Monologo vita – Francesco Fiumarella

Oggi vi propongo una mia interpretazione tratta dal primissimo film di Paolo Sorrentino con il grandissimo Toni Servillo da me definito il più grande attore del cinema italiano ed europeo!

Quando ho visto questo film e ascoltato il monologo che vedrete, non ho più smesso di seguire Servillo e da quel momento ero certo che sarebbe stato un orgoglio Italiano conosciuto in tutto il mondo!

Grazie ai miei vecchi e nuovi lettori di seguirmi e condividere i miei video!

Spero che questa mia forma di intrattenimento  cinematografica continui ad essere apprezzata!

 Fate girare le scene che reputate piu’ interessanti!

Buona visione!

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Samuel L. Jackson (Pulp Fiction)-Francesco Fiumarella

Per tutti gli appassionati di Tarantino e del suo capolavoro “PULP FICTION”

Da attore mi è stato impossibile non interpretare una scena del grandissimo dialogo di  Samuel L. Jackson con la meravigliosa voce di Luca Ward!

Se apprezzate le mie interpretazioni condividetele e seguitemi anche sul mio canale youtube.

Per chi ancora non ha letto alcuni miei precedenti post vi comunico che i miei video nascono molto prima dell’applicazione

Dubsmash” resa pubblica solo a novembre 2014, io pubblicavo questi video nel 2013! Ringrazio anche WIKIPEDIA  che mi ha segnalato nelle curiosità come precursore di questo stile di doppiaggio e interpretazione! Quindi posso dire che questa idea è tutta ITALIANA!

Se volete fate girare la notizia.. Anche le IENE, STRISCIA LA NOTIZIA E LA RAI SONO AL CORRENTE DI QUESTA NEWS.

Ringrazio anche un gornalista di youreporter che ha segnalato il mio sito!

” Immagine

Buona visione!

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