Oggi ho il piacere di intervistare l’amico Autore, Sceneggiatore e Regista, Luca Manfredi.

Intervista:
FRANCESCO FIUMARELLA:Ciao Luca, hai diretto sia film Cinematografici, Mini Serie TV e Film Televisivi. Come cambia il tuo approccio alla regia tra questi formati, e quale ti offre maggiori libertà creative?
LUCA MANFREDI:Indubbiamente, quando si immagina e poi si scrive un progetto per il cinema, si è più liberi rispetto a un progetto per la televisione. Quando si realizza un tv-movie o una serie televisiva, il progetto viene seguito nel suo sviluppo da un team editoriale, che inevitabilmente condiziona e incanala le tue scelte artistiche nella direzione che è più coerente rispetto alla loro “linea editoriale”.
E questo vale anche per la scelta degli interpreti, che ovviamente devono essere graditi all’emittente che produce il progetto. Dal punto di vista formale, invece, la regia di un progetto televisivo tende a privilegiare i “primi piani” degli attori che lo interpretano, visto che lo schermo di una tv è decisamente più piccolo di uno schermo cinematografico. Ma, a parte le scene più “scabrose”, un regista è libero di raccontare la storia televisiva con il proprio stile, esattamente come al cinema.
FRANCESCO FIUMARELLA:Nel corso della tua carriera hai raccontato storie diverse, sia di finzione che biografiche. Qual è stato il progetto che ti ha coinvolto maggiormente a livello personale?
LUCA MANFREDI:Il progetto che sicuramente mi ha coinvolto di più dal punto di vista personale ed emotivo è stato “In arte Nino” un film biografico che racconta i primi passi di mio padre nel mondo dell’arte, interpretato magistralmente da Elio Germano, a mio avviso l’attore più bravo della sua generazione. Elio, pur essendo fisicamente molto diverso da mio padre Nino, è stato incredibilmente bravo a restituirci la voglia di vivere e lo spirito mai arrendevole di quel ragazzo ciociaro, emigrato a Roma, che, sopravvissuto miracolosamente alla tubercolosi, aveva deciso che sarebbe diventato un attore.





FRANCESCO FIUMARELLA:Tra tutti i film e le serie che hai diretto, c’è un’opera a cui sei particolarmente legato? Quale e perché?
LUCA MANFREDI:Sono moto legato affettivamente alla miniserie televisiva “L’ultimo Papa Re”, liberamente ispirata al noto film cinematografico di Luigi Magni del 1977 “In nome del Papa Re”, che aveva come protagonista mio padre Nino, e che io ho poi trasformato nel 2013 in un racconto televisivo per la Rai. E’ stato un bellissimo, ma difficile progetto, che mi ha permesso di lavorare con un gigante dello spettacolo come Gigi Proietti. Avere l’opportunità di lavorare sul set con Gigi è stato un grande privilegio, perché da lui ho imparato moltissimo. Gigi era un maestro dei tempi comici, ma anche delle pause, dei silenzi, dei piani d’ascolto. E come pochi grandi attori sanno fare, aveva anche l’umiltà di mettersi in discussione ed ascoltare i miei suggerimenti, se c’era qualcosa che non mi convinceva nella sua interpretazione. Gigi si fidava molto del mio parere e rifaceva la scena seguendo i miei suggerimenti. Poi, dopo lo stop, mi guardava e mi diceva, sorridendo: “Bravo Luca, avevi ragione. Abbiamo fatto bene a rifarla come dicevi. Adesso, la scena funziona molto meglio!”





FRANCESCO FIUMARELLA:Quali sono i registi che hanno influenzato maggiormente il tuo stile e la tua visione cinematografica?
LUCA MANFREDI:Nel 1982 ho avuto la fortuna di seguire come giovane “volontario”, a Cinecittà, le riprese del film di Federico Fellini “E la nave va”. Federico è stato un grande maestro, un poeta visionario, con i suoi personaggi estremi, “felliniani”, che nascevano dai suoi disegni caricaturali. Sul set era temuto e rispettato da tutti, come fosse stato un re, e quell’esperienza è incisa indelebilmente nel mio cuore. Ma il regista italiano a cui ho sempre fatto riferimento come stile è Ettore Scola, che ha realizzato anche con mio padre dei bellissimi film. Poi ho amato molto anche Dino Risi, Nanni Loy, Luigi Magni, Mario Monicelli, tutti registi che hanno fatto commedie profonde, ma anche molto divertenti



FRANCESCO FIUMARELLA:Essendo figlio di Nino Manfredi, una delle figure più iconiche del cinema italiano, come hai vissuto il peso di questa eredità nella tua carriera? È stato un vantaggio o una sfida?
LUCA MANFREDI:Essere figli d’arte non è affatto semplice, perché sei sottoposto a un continuo confronto con il tuo genitore. Certo, all’inizio può rappresentare anche un vantaggio, perché è più facile essere introdotti nell’ambiente del cinema, per fare le prime esperienze, come è successo a me quando ho potuto seguire le riprese del film di Fellini. Ma poi devi trovare una tua strada personale, autonoma, altrimenti rischi di rimanere schiacciato tutta la vita dalla figura ingombrante di un grande padre.



FRANCESCO FIUMARELLA Quali sono, secondo te, le caratteristiche fondamentali che un regista deve possedere per riuscire in questo mestiere?
LUCA MANFREDI:Un regista è il direttore di una grande orchestra, che lui deve dirigere al meglio, per realizzare il racconto che ha nella sua testa. Quindi, ogni regista dovrebbe avere, oltre a una personale visione del racconto, un approccio molto rigoroso e tenace, per realizzare meglio che può il suo progetto. Mio padre mi ha insegnato che un regista o un attore sono come degli artigiani, dei cesellatori, dei pittori, che dedicano molte ore al giorno alla realizzazione della loro opera “unica e irripetibile”, senza mai scendere a compromessi, che possano inficiare la qualità. Quindi, a mio avviso un regista dovrebbe sempre battersi per ottenere il miglior cast possibile e anche i migliori collaboratori, senza avallare scelte che prescindano da motivi di puro merito.

FRANCESCO FIUMARELLA Quando scegli un progetto, quali elementi ti devono colpire per convincerti a dirigerlo?
LUCA MANFREDI:Io, il più delle volte, i progetti me li scrivo con il mio “socio” storico, Dido Castelli. Quindi, nascono nella nostra testa, suggeriti da qualche intuizione o da qualche tematica che vogliamo raccontare. Se poi mi capita di dirigere un progetto non scritto da me, è la qualità del tema scelto e della sceneggiatura che mi convincono a realizzarlo, e mai i soldi che mi vengono offerti per farlo.

FRANCESCO FIUMARELLA:Qual è il momento più soddisfacente per te nella realizzazione di un film o di una serie?
LUCA MANFREDI:Sicuramente, il momento più bello ed emozionante per me e vedere l’opera intera, appena montata, e capire che è venuta esattamente come me la ero immaginata, anche se poi è inevitabile che ci siano delle imperfezioni e delle cose che, a posteriori, avrei cambiato. Sono un perfezionista, una qualità o forse un difetto, che ho ereditato da mio padre Nino, che non si accontentava mai e cercava di migliorare le sue battute anche sul set, fino a un attimo prima di dare l’azione.


FRANCESCO FIUMARELLA:Hai avuto esperienze sia nel cinema che nella televisione italiana. Come pensi sia cambiato il mondo dell’intrattenimento audiovisivo negli ultimi anni?
LUCA MANFREDI:Negli ultimi anni, nel cinema e nella televisione italiana, come anche sulle piattaforme italiane ed estere, si seguono dei filoni e dei generi cinematografici, che tirano in quel momento e fanno ascolti in tv e “cassetta” al botteghino. Quindi, ci sono stati periodi in cui al cinema uscivano solo “commediole” leggere o film che vampirizzavano l’idea a qualche successo internazionale, mentre in televisione c’era una moltiplicazione continua di serie su commissari, medici, preti e avvocati. Ultimamente, invece, vanno molto i “biopic” sui grandi artisti o sui grandi personaggi, oppure le serie tratte da noti eventi drammatici, o che si ispirano a fatti realmente accaduti della cronaca nera. Spesso sono progetti realizzati molto bene e con ottimi attori, come ad esempio i biopic prodotti all’estero su “Stanlio e Ollio” o quello su “Elvis Presley”, che a me sono piaciuti moltissimo, ma anche la recente serie italiana della Disney, sull’omicidio di Sarah Scazzi, in “Qui non è Hollywood”.



FRANCESCO FIUMARELLA:Hai diretto alcuni progetti biografici, come quelle su tuo padre, Alberto Sordi e Paolo Villaggio .Come ti prepari per raccontare la vita di figure così iconiche della cultura e storia italiana?
LUCA MANFREDI:Per realizzare bene un “biopic”, io studio a fondo tutto il materiale biografico disponibile sulla vita del “personaggio” che voglio raccontare, e poi approfondisco gli aspetti più privati, intervistando parenti, amici e collaboratori. Nel caso di Paolo Villaggio, ho intervistato diverse volte la moglie Maura ed ho utilizzato la figlia Elisabetta e il figlio Piero, come consulenti del mio film.







FRANCESCO FIUMARELLA:Che responsabilità senti quando racconti la storia di personaggi così amati dal pubblico italiano?
LUCA MANFREDI:La responsabilità che ci si assume nel raccontare un personaggio molto amato dal pubblico italiano, è molto grande. Si tratta di restituire la sua immagine, la sua anima e la sua nota personalità, attraverso l’interpretazione di un bravo attore, che si cali nei suoi panni, senza tradire “l’originale”. E’ per questo che la scelta dell’attore “giusto” è molto difficile e passa attraverso una ricerca accurata, che può durare anche diversi mesi, attraverso complicate selezioni e molteplici provini, perfezionati poi con l’ausilio del trucco (anche con protesi facciali), delle parrucche e delle diete fisiche, che ci aiutano ad avvicinare l’attore scelto, al personaggio che dobbiamo raccontare.
FRANCESCO FIUMARELLA:C’è un personaggio storico o un artista italiano che ti piacerebbe raccontare in futuro attraverso un film o una serie?
LUCA MANFREDI:Ci sono diversi personaggi importanti dello spettacolo e della storia imprenditoriale italiana, che vorrei raccontare. Attualmente, ho sulla scrivania almeno quattro-cinque “biopic”, che vorrei realizzare sotto forma di film, ma anche di serie. Uno di questi è Mario Riva, uno dei primi conduttori della Rai tra il 1955 e il 1960, noto soprattutto per il suo famosissimo quiz musicale “il Musichiere”. Mario Riva, infatti, morì tragicamente durante l’edizione finale del Musichiere, per le conseguenze della sua caduta in una buca del palco, mentre conduceva la diretta tv dall’arena di Verona nel 1960.


FRANCESCO FIUMARELLA:Il cinema e la televisione riflettono spesso la società e il tempo in cui viviamo. C’è un tema sociale o politico che ti piacerebbe affrontare nei tuoi prossimi lavori?
LUCA MANFREDI:Una tematica importante che mi piacerebbe affrontare, e che in questo momento storico è particolarmente attuale, è l’incapacità degli uomini di convivere “pacificamente” su questa povera terra, che generosamente ci ospita. Gli uomini, al contrario, continuano a farsi le guerre per odi atavici, o per accaparrarsi nuovi territori e conquistare ricchi giacimenti da sfruttare con le industrie, arrivando a minacciare anche l’uso della bomba atomica, senza minimamente pensare alle conseguenze delle loro folli azioni, che stanno modificando irrimediabilmente il clima del pianeta, fino a provocare la loro stessa estinzione.
FRANCESCO FIUMARELLA:Pensi che il cinema italiano stia vivendo un momento di rinascita? Quali sono le principali sfide che deve affrontare oggi?
LUCA MANFREDI:Penso che tutte le epoche abbiano avuto bravi autori e ottimi registi, ma anche brutti film. Certo, nei tempi d’oro del cinema italiano, la qualità media degli autori e dei registi era molto alta. Oggi, l’arrivo nelle case dei grandi schermi, dotati anche di un ottimo impianto sonoro, e la grande offerta di film e di serie televisive delle piattaforme, ha modificato l’abitudine degli spettatori, che sempre meno (specie dopo il covid) escono di casa per andare al cinema. Non a caso, sono centinaia le sale cinematografiche che chiudono in Italia e vengono trasformate in supermercati o sale bingo.
FRANCESCO FIUMARELLA:Secondo te, qual è il ruolo del regista nel guidare il cambiamento culturale attraverso le sue opere?
LUCA MANFREDI:Tutto può contribuire a un miglioramento culturale, anche un bel quadro o una bella poesia. E il cinema non deve solo farci sognare o divertire, ma ci deve anche emozionare e far riflettere. Mi piace quando vedo un bel film, che affronta bene una tematica importante. Quando esco dalla sala, sento che quel film mi ha regalato un’emozione, che continua a lavorarmi dentro, come quando leggo un bel libro. Spesso ripenso ad alcuni passaggi del “Barone Rampante” di Italo Calvino, che ho letto a tredici anni. Invece, a volte mi è capitato di iniziare un film in tv, che avevo già visto, ma che non mi aveva lasciato nessun ricordo. Ecco, la cosa peggiore è quando un film non ti lascia niente.
FRANCESCO FIUMARELLA:Hai già in cantiere nuovi progetti? Se sì, puoi darmi qualche anticipazione?
LUCA MANFREDI:Come dicevo prima, sono molto attratto dai “biopic”, un genere che mi ha appassionato molto e che vorrei continuare a trattare, per raccontare agli spettatori tutto quello che non sanno di questi grandi personaggi, e anche dei grandi ostacoli che hanno dovuto superare, per diventare gli uomini di successo che conosciamo. Spesso, dietro ai loro successi, si nascondono grandi sofferenze e fragilità umane, ma anche vizi e difetti, come tutti gli altri uomini. Poi, ho in cantiere anche una “black comedy” che racconta l’istinto guerresco degli uomini, che non riescono a convivere in pace.
FRANCESCO FIUMARELLA:Guardando alla tua carriera fino a questo punto, c’è qualcosa che faresti diversamente?
LUCA MANFREDI:No, non mi guardo mai indietro. Non è possibile cambiare le cose già fatte. Tutto quello che posso fare, è cercare di evitare di commettere gli stessi errori e affrontare i nuovi progetti al meglio.
FRANCESCO FIUMARELLA:Quali sono le tue principali fonti di ispirazione al di fuori del cinema?
LUCA MANFREDI:Tutto mi può suggerire un’idea nuova, per scrivere un progetto: un articolo di giornale, un bel libro, un servizio del tg, una canzone, una bella immagine. Non ci sono regole, nella creatività.


