Oggi ho il piacere di intervistare l’amico Attore, Doppiatore, Sceneggiatore e Regista, Michele D’Anca, Insignito del “Premio Vincenzo Crocitti International -Vince Award” In occasione dell’ XI Edizione 2023

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Intervista:

FRANCESCO FIUMARELLA: Ciao Michele, cosa ti ha spinto a diventare un attore? C’è stato un momento specifico in cui hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?

MICHELE D’ANCA: Mi ha spinto una passione intima e personale, e per questo indicibile. In generale, se la vocazione è autentica, ciò che spinge a fare l’attore è un daimon platonico. La vera spinta non proviene mai dalla volontà dell’Io ma da profondità insondabili e che sarebbe bene non esplorare. La fonte artistica è, e deve restare, un mistero. Ho capito quale strada avrei dovuto percorrere quando nel 1980 vidi al cinema “Fame – Saranno Famosi” di Alan Parker, film che celebra lo sbocciare tanto desiderato di un talento artistico. Fu questa l’esatta sensazione che provai vedendo il film: “Io allora seppi, con assoluta certezza che quella era la mia strada; l’idea mi colpì con un impeto incredibile. Il cuore mi batteva all’impazzata, ero come invasato”. Uscii dal cinema con la chiara sensazione di ciò che dovevo e potevo essere, dicendomi: “Ecco quello che devo fare, ecco quello che devo avere. Ecco chi sono”. E non mi scostai più, per il resto della mia vita, da questo presentimento. Fu una vera e propria chiamata del destino.

Michele D’Anca nel suo primo spettacolo teatrale, anno 1982 – Cirano da Rostand

FRANCESCO FIUMARELLA:Qual è stato il ruolo più difficile che hai interpretato fino a oggi e perché?

MICHELE D’ANCA:Il ruolo di Angelo Branca, ispirato al personaggio di Renato Curcio, capo storico delle Brigate Rosse nel film Tv “Il Generale dalla Chiesa” per Canale 5. I ruoli ispirati a personaggi reali sono molto complessi perché devi conoscerli a fondo. Hai poco spazio per l’immaginazione. C’è bisogno di un approfondito lavoro di studio e di ricerca per prepararti a recitare il ruolo di una persona reale. Devi conoscere la sua storia, i personaggi con i quali ha vissuto, il contesto sociale e politico nel quale si muoveva, il suo percorso giudiziario, i motivi che lo hanno spinto alla lotta armata. Mi sono documentato tantissimo, ho letto tutto ciò che potevo leggere su l’argomento, sono riuscito anche a visionare filmati dell’epoca. Tutto questo lavoro per riuscire a entrare nel mondo del brigatista e renderlo il più reale e credibile possibile, considerando anche il fatto che avrei dovuto interagire con un grande attore come Giancarlo Giannini.

Giancarlo Giannini & Michele D”Anca

FRANCESCO FIUMARELLA:Quando ti prepari per un nuovo personaggio, qual è il tuo processo creativo? Hai qualche tecnica particolare per immergerti completamente nel ruolo?

MICHELE D’ANCA:Mi affido alla tecnica personale frutto della mia esperienza. Non seguo nessuna tecnica o metodo specifico. Non credo nei metodi, e spesso fanno solo danni. Pur avendo studiato a fondo tutte le tecniche di acting, soprattutto le tecniche della Scuola Realistica e del Processo Creativo Organico del mio maestro John Strasberg, quando sei su un set o sul palcoscenico ciò che conta realmente è abbandonare ogni tecnica e lasciare agire l’intuito, l’istinto, e la propria sensibilità.

FRANCESCO FIUMARELLA:C’è un regista o un collega con cui hai lavorato che ti ha particolarmente influenzato nel tuo percorso artistico?

MICHELE D’ANCA:Il regista Luca Ronconi, col quale recitai già all’età di 20 anni ne “Il Sogno” di Strindberg e successivamente in altri due spettacoli shakespeariani. Ronconi mi ha insegnato a leggere i testi, a intonare una battuta nel modo più efficace possibile, a non essere mai banale e a perseguire sempre l’eccellenza. Ma il maestro che mi ha influenzato di più è stato l’attore, regista e pedagogo statunitense John Strasberg, col quale ho lavorato in tre workshop illuminanti. Mi ha insegnato a essere libero di creare, a essere semplice e reale e a conoscere le mie potenzialità artistiche, nonché ciò che del mio carattere avrebbe potuto intralciarle.

Luca Ronconi
John Strasberg

FRANCESCO FIUMARELLA:Quali emozioni provi quando vedi il risultato finale di un progetto su grande schermo o in teatro?

MICHELE D’ANCA:Nessuna emozione particolare perché, in genere, osservo il mio lavoro col distacco dell’occhio professionale per valutare se le mie scelte interpretative hanno funzionato o meno. Certo, si è soddisfatti se il risultato è buono ma di solito gli attori non sono mai contenti fino in fondo del loro lavoro. C’è sempre qualcosa che si poteva fare meglio. Ed è giusto che sia così. L’Arte Drammatica è una ricerca continua sul comportamento che usiamo per rappresentare un comportamento perfettamente umano.

FRANCESCO FIUMARELLA:C’è mai stato un film o uno spettacolo che ti ha sorpreso per come è venuto?

MICHELE D’ANCA:Tanti film ma preferisco parlare di teatro. La messa in scena di “Pianola meccanica” tratto da Cechov con la regia di Michalkov fu un’esperienza bellissima. La recitazione di Marcello Mastroianni fu stupefacente per la sua semplicità e umanità e senza nessun artificio o cliché tipico di molti attori di teatro. Mentre lo osservavo attentamente, cercavo di rubare ogni suo respiro pur di imparare da lui. Ma ricordo anche la forza espressiva de “La signorina Giulia” di Strindberg con la regia di Ingmar Bergman visto a Spoleto, e la potenza dell’Amleto interpretato da Brandauer a Vienna, e la sofisticata semplicità scenica di “Qui est là?” diretto da Peter Brook che ho visto a Parigi. Ho visto tantissimi spettacoli teatrali fin da giovane e alcuni di loro, pochi per la verità, ti segnano nel profondo e ti indicano la strada.

FRANCESCO FIUMARELLA:Come gestisci le aspettative del pubblico e della critica? Quanto influenzano il tuo approccio al lavoro?

MICHELE D’ANCA:Non mi curo affatto di queste aspettative. È più salutare restare completamente distaccati da ciò che pensa pubblico e critica. L’importante è rimanere concentrati sul proprio lavoro e fidarsi del proprio intuito.

FRANCESCO FIUMARELLA:Hai mai interpretato un personaggio con cui non ti sei sentito in sintonia? Se sì, come hai affrontato questa sfida?

MICHELE D’ANCA:È successo solo una volta, in teatro, quand’ero molto giovane, qualche anno dopo il mio diploma all’Accademia Silvio D’Amico. Interpretavo Guido Speier, in un brutto adattamento de “La coscienza di Zeno” di Svevo. Un ruolo superficiale e molto distante da me, un classico ruolo considerato “tinca” nel gergo teatrale, che pur essendo spesso presente in scena aveva battute insignificanti e scarsa importanza per l’azione. I ruoli “tinca” sono una maledizione in teatro e così non riuscii a interpretarlo in maniera decente. Anche perché né il regista né il capocomico né l’autore seppero aiutarmi. Ognuno di loro mi dava indicazioni vaghe e contrastanti, spesso litigando tra di loro. Fu un disastro che però mi insegnò molto: mai affidarsi a registi e capocomici e, soprattutto, che un attore può contare solo su due cose: sé stesso e il testo. Ed è importante saper scegliere dei buoni testi e anche rifiutare i ruoli, se necessario.

FRANCESCO FIUMARELLA:Tra tutti i personaggi che hai interpretato, c’è qualcuno che ti è rimasto particolarmente nel cuore?

MICHELE D’ANCA:A teatro, il Dottor Astrov in Zio Vanja con la regia di Riccardo Cavallo. Amo la poetica di Cechov e ho amato molto il minimalismo della recitazione concordato col compianto regista. Per la Tv, Federico Buratti in “Caccia al Re – La Narcotici” con Michele Soavi alla regia, che stimo molto. Federico è un bellissimo personaggio, un criminale dal grande cuore e suicida per amore. E poi, non posso dimenticare Sebastian Castelli in Centovetrine, che ho recitato con tanta passione per cinque anni, sviscerandone ogni possibile sfaccettatura, e che mi ha permesso di farmi conoscere dal grande pubblico televisivo.

FRANCESCO FIUMARELLA:Se potessi scegliere qualsiasi ruolo o genere da interpretare in futuro, cosa ti piacerebbe sperimentare?

MICHELE D’ANCA:Mi piacerebbe interpretare il ruolo di un filosofo, o un eretico, come Giordano Bruno oppure quello di un santo per sperimentare il drammatico processo di trasformazione interiore che da una vita totalmente materiale e carnale ti spinge verso la spiritualità.

FRANCESCO FIUMARELLA:Nel corso della tua carriera, hai mai pensato di dedicarti anche alla regia o alla sceneggiatura?

MICHELE D’ANCA:Da quattro anni scrivo sceneggiature per il cinema. Nel 2023 due mie sceneggiature hanno vinto il bando cortometraggi del NUOVOIMAIE grazie al quale sono riuscito a girare i cortometraggi “Distress Call”, attualmente in distribuzione e già selezionato in importanti festival nazionali e internazionali, e “L’Ultimo Reporter”, attualmente il post-produzione. Questo progetto nel 2023 ha vinto anche il premio Migliore Sceneggiatura di Cortometraggio al Rome Independent Film Festival. Oltre ad aver firmato soggetto e sceneggiatura dei due corti, e averli interpretati, ne ho curato anche la regia. E penso che in futuro darò molto più spazio alla regia e alla scrittura per il cinema perché queste attività creative, oltre ad appassionarmi molto, mi completano artisticamente, rispetto al solo lavoro d’interprete. A tal proposito, mi preme ringraziare l’Istituto degli Artisti NUOVOIMAIE che ha in parte finanziato i miei film, e sono molto grato al Produttore Filippo Montalto di Andromeda Film, che mi ha dato la possibilità di realizzare i miei due primi cortometraggi.

FRANCESCO FIUMARELLA:Come mantieni l’equilibrio tra la tua vita personale e quella professionale, considerando le richieste del mondo dello spettacolo?

MICHELE D’ANCA:A parte la sfera della mia vita privata, che tengo ben distinta e lontana dalla vita professionale, non so rispondere a questa domanda. Forse perché, quando si ha la fortuna di svolgere un lavoro artistico che si ama, non c’è alcuna differenza tra vita personale e professionale. Sono intimamente intrecciate, non c’è un confine bel definito. E poi, la parte più consistente del lavoro di studio, ricerca e preparazione, che tu sia attore, regista o sceneggiatore, si fa a casa in solitudine e questo, nel bene o nel male, non può non coinvolgere ogni aspetto della tua vita.

FRANCESCO FIUMARELLA:C’è un messaggio o un tema particolare che speri di trasmettere attraverso i tuoi ruoli?

MICHELE D’ANCA:Quando sei scritturato, temi e messaggi sono dati dagli autori che scrivono i ruoli. Un attore non può fare altro che mettersi al servizio dello spirito dell’autore, che si cela dietro le battute o dietro una scena, coglierne i significati in profondità e poi esprimerli nella maniera più umana e credibile possibile. Come sceneggiatore mi interessa molto la vulnerabilità e la sensibilità dell’essere umano, il tema della libertà dell’individuo e il rispetto dei diritti umani.

FRANCESCO FIUMARELLA:Come ti rapporti con il successo e la fama? Quanto ha cambiato la tua vita e come lo gestisci?

MICHELE D’ANCA:Non si dovrebbe mai perseguire la fama e il successo, anche perché hanno poco a che fare col talento ma molto con variabili che non sono sotto il nostro controllo, tra le quali: la fortuna e trovarsi al momento giusto al posto giusto. È meglio ignorare qualsiasi idea di successo. Quello che ho ottenuto grazie alla televisione ha cambiato poco la mia vita e per nulla il mio modo di essere. Cerco, come sempre, di fare il mio lavoro col massimo impegno e al meglio delle mie possibilità.

FRANCESCO FIUMARELLA:Qual è il consiglio più importante che hai ricevuto all’inizio della tua carriera e che ancora oggi tieni a mente?

MICHELE D’ANCA:“Asseconda l’impulso. Fai quello che vuoi veramente fare”.

FRANCESCO FIUMARELLA:Quale consiglio daresti a un giovane attore che sta cercando di farsi strada in questo settore?

MICHELE D’ANCA:Mettere alla prova il proprio talento in maniera concreta, studiare recitazione con seri professionisti, fare esperienza di palcoscenico, recitare recitare e recitare, andare a teatro, al cinema, leggere molto e ignorare le critiche. E puntare dritti al proprio obiettivo senza avere piani B nel cassetto, che servono solo a giustificare il proprio insuccesso. Come per tutti i lavori artistici, occorre una ferrea determinazione interiore, sognare in grande e cercare di rendere reali i sogni, anche quando nessuno crede in te. Senza dimenticare una salutare dose di umiltà.

Francesco Fiumarella & Michele D’Anca